Archivi del mese: novembre 2011

Fiorello sì, Fiorello no?

Troppe aspettative e un appuntamento mancato alla prima messa in onda.

Sarà dipesa da questo la mia quasi totale delusione nel vedere, ieri sera, la seconda puntata de ‘#ilpiùgrandespettacolodopoilweekend’? O forse dalla visione in settimana di puntate e giornali  che di quel Fiorello non sapevano che parlar bene? Proviamo a ragionarci.

Ieri, dicevo, è arrivato il mio turno.

Bella l’idea di dare all’incipit un’impronta ‘moderna’ con gli anziani dell’edicola filmati col videofonino e caricati su twitter, lo stesso canale che dà spunto al titolo hashtaggato del programma. Geniale il connubio tra i vari canali di comunicazione e l’indottrinamento inconscio di quel pubblico nazionalpopolare che ancora si chiede il perché di un ‘cancelletto’ davanti a tutte quelle parole attaccate.

Il resto?  Tutto e niente.

Fiorello resta sempre il più giovane dei vecchi e il più vecchio dei giovani che oggi sanno fare tv. Il suo è un mestiere che parte dall’infanzia e che non segue dettami e regole imposte. La televisione nasce con lui. Già me lo vedo nella piazzetta del paese natale, da bambino, pronto a coinvolgere la massa nei suoi giochi. I suoi sorrisi contagiosi, la sua voglia di darsi all’altro e di permettere all’altro di scoprirsi attraverso una sindrome di Peter Pan mai risolta, che permette a chiunque di affezionarsi a l’unico capace di concedergli l’illusione di una giovinezza perduta…

Oggi lo ritroviamo in tv. Brizzolato, privo delle piroette del passato magari, ma con una presenza scenica da ovazione e una voglia di originalità che a malapena si sposa con le esigenze di Mazza e della rete.

Mi è piaciuta la messa in onda dei ‘5 secondi di Grande Fratello’ montati ad hoc per accrescere l’opinione diffusa secondo cui mediaset propone urla e truzzaggine a dispetto di una Rai che ruota attorno ai buoni costumi.

Ma resta fin troppo facile, allo stesso tempo, prendere applausi contro una concorrenza praticamente inesistente.

Pessima l’emulazione di Brignano nell’imitazione delle pischelle. Fiorello sa fare Fiorello. Le sue imitazioni, da Carla Bruni a Mike, passando per Califano e Vespa lo rendono unico. Se Fiorello imita Brignano che imita le pischelle io spengo.

Questo non mi piace. Non da lui.

Non mi aspetto Monica Vitti e Alberto Lupo in un liscio esilarante. Non voglio le sigle della Cuccarini e le performance di Mina. Quelli erano altri tempi.  Ma se nasco solo oggi pretendo l’antico fatto nuovo.

Fiorello ci può arrivare.

Almeno secondo me…

Di cercare un frame del programma non avevo voglia...

Di cercare un frame del programma non avevo voglia...


Alle prossime elezioni, io voto Socrate

Continuano ad arrivarmi lettere da parte dello Stato italiano. Lo stesso Stato che se ne frega di sapermi a 30 anni con un contratto a progetto, lo stesso che mi fa tornare a casa, per le vacanze natalizie, pagando biglietti aerei dalle cifre improponibili, lo stesso che se corro il rischio di essere violentata per strada mi impedisce di comprare oggetti anti-stupro e giustifica i maschioni italici seguaci dell’ex rappresentante. Ebbene quello stesso Stato mi sollecita a pagare il canone Rai.

Ma come faccio a spiegare che io della tv non so proprio che farmene?

 …Col Corriere della Sera di sabato ho trovato in allegato un inserto di Maurizio Ferraris su ‘Socrate, Platone, Aristotele e la scuola di Atene’.

“La solita boiata che ti propinano spacciando per filosofia l’ennesima citazione di citazioni”, ho pensato comprandolo.

Mi sbagliavo.

Semplice, chiaro e alla portata di tutti, questo libro di 87 pagine ripercorre, partendo da un affresco di Raffaello, il pensiero dei tre grandi della filosofia rivisitati in chiave moderna.

Si scopre così che Socrate è stato il primo uomo capace di bere alcolici a iosa senza correre mai il rischio di ubriacarsi. Forse, mi chiedo, perché a dispetto dei sofisti, la sua spacciata insipienza sapeva di follia a prescindere. O anche no.

E ancora che il sogno dei tre ‘grandi’, quello in cui si può riassumere la loro filosofia, fosse un’anima oggi definita Ipad, quell’unico mezzo di sapere, all’epoca fantascientifico, da interpretare come un libro, un libro in cui si possa leggere e scrivere…

 Vorrei uno stato governato da filosofi che parlino di filosofi. Ed un canone libri da pagare per accrescere i fondi sulla sicurezza delle donne e sull’apertura di nuove occupazioni. Ma se come diceva Socrate “Vivere è ripetere e sapere è ricordare”, forse faccio prima a rinascere…

Ricordo d'infanzia: temporale in Sicilia

Ricordo d'infanzia: temporale in Sicilia


Mutismo

Oggi va così.

Nessun commento.

Pretendo parole che non arrivano e allora me ne sto zitta.

L’attesa non fa per me.

Non più.


Il Grande Fratello

Non so a voi, ma a me è sembrata la fiera degli idioti.

Quelli che stavano a casa a guardare in prima linea, subito dopo, i protagonisti indiscussi dello show.

E per i fortunati attivisti notturni che alla volgarità  del reality hanno preferito una sana partita a Monopoli, piuttosto che una bella dormita, un unico avvertimento: che non vi venga in mente, lunedì prossimo, di mettervi davanti alla tv!

Godetevi l’ebbrezza di una notte con Morfeo, o un’accattivante Sudoku sulla tazza del bagno, mettetevi a contare le stelle o a giocare insistentemente a campana macchiando con i gessetti il parquet appena pulito.

Sporcate involontariamente lo zerbino del vicino, spazzate con cura le foglie sul balcone, aggrappatevi alla tenda finchè il vostro gatto non vi dice di smetterla. Insomma, evitate a qualsiasi costo di accendere il telecomando.

Cosa vi perdete?

Un tripudio di volgarità gratuita, quello che in un qualsiasi menù verrebbe descritto come ‘la portata degli avanzi’ fatta di urla, urla e poi ancora urla e urla e.

Il tutto condito dalle preziosissime analisi critiche di un Signorini la cui detestabilità è direttamente proporzionale alla voluta ignoranza dei protagonisti.

La fortuna, in serate come queste, è avere delle vicine di casa piene di storie da raccontarti, che ogni tanto si fermano sopraffatte dal rumore in sottofondo e poi ricominciano, lasciando al piacere (?) dei tuoi occhi solo la scorrevolezza delle immagini…

E se le immagini sono di codesta portata capite bene perché alla prima pubblicità abbiamo deciso di spegnere…

Parole e pettorali... a caso

Parole e pettorali... a caso


Le Brugole

Una donna è solita accumulare scontrini. Li tiene in un cassetto perché domani potrebbero servirle.  E se domani ti ritrovi davanti a una sala intensiva, con la tua metà dentro e un medico tra voi pronto a negarti l’accesso, allora è bene tirarli fuori quegli scontrini.

“Non esistono documenti che certifichino il vostro stare insieme” vi ripetono dalla nascita.

Eccovi i vostri fottutissimi documenti: 50 euro per due menù a base di sushi, 12 per due cocktail consumati al bar,  poi quest’altro per due pacchetti di caramelle…

Possono bastare per dimostrarle il nostro amore?

 Due minuti e una porta che si apre…

Non vi chiedono altro AnnaGaia  e Roberta, meglio conosciute come “le Brugole”.

Stasera le ho viste a teatro.

Figlie modello della Paolo Grassi, hanno messo in scena uno spettacolo ironico, brillante, a tratti comico ma anche drammatico, in cui non bisogna necessariamente essere moderni per potersi riconoscere.

Basta essere semplicemente aperti all’amore.

brugole

brugole

 


L’altra

Una ruga…una ruga, due rughe…e quando saranno cento, mille?

Quando ti renderai conto davanti a quella tua immagine rattrappita sfrontatamente esibita dallo specchio che tutto è passato, che tutto è irrimediabilmente gettato indietro, quale crema ristrutturante per i rimpianti?

Quale lifting per rimarginare le ferite che ancora solcano il tuo esserci?

Quale libro non letto per trovare le solite risposte di sempre che risposta non hanno?

Forse una pagina, due parole digitate da polpastrelli altrui.

E la risposta sarà quel non sentirsi soli alla mercé di un copione.

Protagonista di un’opera scritta e condivisa con gli altri.

Quegli stessi, sconosciuti o conosciuti altri che oggi ti lasciano senza parole, piena di domande che ti fanno sentire semplicemente ‘altra’…

La non giovane allo specchio

La non giovane allo specchio


Anito De Gasperis

Te ne stai lì a prepararti per la serata quando vieni catapultata nel serraglio mediatico da quel televisore acceso sul primo canale capitato sottomano.

E così vedi l’ennesimo LUI prendersela con un mandriano…

La prima volta che ne ho conosciuto uno avrò avuto sei anni.

Guardavo la tv e LUI con fare arrogante, mi prese il telecomando dalle mani selezionando tra i programmi la più banale delle televendite.

Non gli importava di seguire qualcosa, gli importava di sottrarmi a ciò che stavo seguendo.

 Mi ribellai con frasi acuminate e mi venne detto: “Devi portarmi rispetto perché sono più grande”.

Durante l’adolescenza lo incontrai di nuovo. Giocavo a carte con gli amici, LUI seguì una mia mossa sbagliata e, con il solito fare baldanzoso, mi diede pubblicamente dell’idiota. Gli dissi di giocare con i ‘grandi’ e LUI per dispetto, mi versò dell’acqua gelida in testa.

Codarda e fervente, andai a piangere da mamma che mi rispose: “Devi portargli rispetto perché LUI è più grande!”.

Crescendo ne incontrai un altro. LUI capì subito che amavo scrivere e mi tolse tutte le opportunità per poterlo fare. Cercai di ribellarmi e LUI minacciò di licenziarmi trattenendo a stento la volontà di sottomettermi con due ceffoni.

Cercai protezione dai piani alti  e mi venne detto: “LUI ha un potere più grande e devi portare rispetto”.

Questo è. Questa è l’Italia o forse il pianeta Terra, dove nasci, cresci e muori con la consapevolezza che LUI è e sarà sempre un elminto più grande e più forte e con più potere di te, stipato in un maniero nel quale non possono stare anche esseri olezzanti.

Puoi spegnere la tv. Imparare i dettami dell’anomia. Piangere e disperarti. O più semplicemente ‘sottometterti’.

O anche no.

De Gasperi docet…

La banda degli onesti, il FILM

La banda degli onesti, il FILM


Il Borgo

Per arrivare al Borgo serviva soltanto una cosa: del tempo perso. Tanto tempo perso. Quel luogo rappresentava per me il teatro dell’assurdo… Kafkiano quanto basta dal rendere indistinguibile un uomo da uno scarafaggio, una donna da un uomo, un uomo da un animale, soprattutto: me dagli altri.Per accedervi dovevi superare una porta i cui angeli custodi, prontamente, inevitabilmente, ogni domenica sera fermavano all’ngresso la sottoscritta con un severo: “Fammi vedere cosa hai messo nella borsetta”.

Premessa. All’interno di quel circo potevi trovare qualsiasi essere umano mascherato. Cambiavano genere, colore di capelli, sesso. Là dentro era concesso tutto. Poi arrivava la sottoscritta. E con sé portava se stessa. Niente fronzoli, pennacchi, trucco eccessivo, parrucche, tette finte, tacco dodici. Niente di niente. E quel ‘me stessa’ a quelli lì andava troppo stretto. L’unica possibile rea, l’eventuale killer in quella messa in scena in bilico tra il ridicolo e il fantascientifico in 3D sembrava poter essere quella creatura uscita da un romanzo di Verga. Verissima nell’ipocrisia dell’assoggettamento all’ilarità, vacua e comune. E in questa mia borsetta, a parte il dentifricio e lo spazzolino, a parte tutto ciò che per me poteva rappresentare motivo di sopravvivenza in una situazione paradossale come quella o quell’altra, non trovavano altro.

Li guardavo schifata, e proseguivo, come sempre, dritto. Testa bassa e poi dentro. Giù per un corridoio che scorreva sotto ponti arcati, grandi sostenitori di volte mai comprese dai più. Sarebbero mancati solo i capitelli in quel tempio che di greco, emanava tutto e niente… L’amore libero, l’apertura (o chiusura?) mentale e fisica verso il nuovo. Ed io lì in mezzo, sola solissima.

Mi facevo avvicinare da questi esseri aggraziati, di finti complimenti ricoperta, mi lasciavo trasportare nei più disparati balli. E sempre, dico sempre, al termine della canzone chiedevo loro: “Perché? Perché a me si avvicinano solo i gay? Cosa ho io di strano?” E loro, sorridendo: “Ma bambina io non sono mica gayyyyyyyy!”.

E nello sculettio venesio mi lasciavano lì, sola, solissima, nel vuoto del mio pensiero rubato dalla condivisione incompresa, ancora una volta, senza una risposta.

Senza LA risposta.

E tutte le domeniche, giuro, tutte le domeniche di quell’anno, senza prospettive né passato, io tornavo lì, ad annullarmi nell’alcol, ad annichilire la mia sobrietà apparente nell’offuscamento dei sensi che poco senso avrebbero avuto in posti più sensati.

Sensati per chi poi?

La Monna Lisa

La Monna Lisa