Frida, Woolf, Picasso e Giovanardi: genialità incomprese e banalità reiterate. #soncose

In poco meno di un mese ho assaporato il gusto dell’arte. L’arte della pazienza, della dedizione, dell’osservazione. Ho scoperto che esiste una differenza abissale tra una matita H e un carboncino 5b, come tra un foglio liscio e uno ruvido. Il peso di una matita su un foglio, la gravità che ti porta a spingere là dove andrebbe sfumato con grazia e l’inaccurato dettaglio che improvvisamente diventa imprescindibile centro focale…

Scopro Frida, il potere della passione e della strafottenza, dell’umiltà raccontata in poesia, dell’amore per la vita che trascende uomini e cose e mani e piedi: impotenze fisiche che non bloccano i pensieri, stranezze convenzionali e dogmi che non impediscono al genio di liberarsi e di fottersene. Perché non serve questo. A una come Frida non serve il faro puntato, il drappo d’artista, i modi da femmina indottrinata. Quello basta e avanza ai banalissimi uomini, al marito, ai politici, a quelli che per far parlare di sé, ieri come oggi, citano i baci lesbo e fanno parallelismi con l’ammoniaca espulsa dalla vescica canina. Lei ha la sua valvola di sfogo. Il suo vaso che trabocca. La sua mente libera, una scimmia sulla spalla e una tela da riempire. Dalla paresi alla morte, dalla felicità al delirio: una tela e il mondo in pugno.

Picasso rimuove il mondo e si erge ad Atlante. Lo sorregge senza dargli peso ma ne muove le fila a suo piacimento. Lo ribalta come il viso di una donna, trova la terza dimensione e con la spregiudicatezza di una misoginia scambiata per passione la rende piatta. Anamorfica. Incompresa. E poco importa se Matisse ha gloria e stima a suo dispetto: lui sarà contemporaneo a coloro che verranno. Il suo egoismo verrà innalzato a genio da altruisti emulatori che danno quanto prendono e costernano vita e opere da ‘do ut des’ e poco altro.

Virginia Woolf vive per un’arte che non la fa vivere. Che la soccombe e interrompe. Che ha il potere di farla morire ancor prima della sua eroina. In un’overdose di personaggi, luci, ombre e fatti da raccontare di cui, spesso, non sa ergersi autrice. Splendido. Il travaglio della partoriente quando l’idea non riesce a venir fuori. Il delirio di onnipotenza quando l’uso della punteggiatura tra le pagine diventa suicidio nella vita reale.

Giovanardi: a Virginia e Frida ruba l’amore libero, a Picasso il disfacimento delle teorie del passato per dar vita all’equazione del secolo: “Bacio femminile = Pipì di cane”. E se Atene brucia mentre il Parlamento si appresta a votare il piano di austerity per salvare la Grecia da un fallimento certo, se una monaca buddista tibetana di 18 anni si dà fuoco per un ideale, noi italiani, dopo l’era Berlusconi e la furbata di Schettino, torniamo sulle prime pagine di tutto il mondo con una frase del calibro di “Bacio femminile = Pipì di cane”…

#soncose

 


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