Raccontare l’intensità dell’emozione di un lasso di tempo limitato e il cui limite é conosciuto sin dall’inizio é come definire “tragedia”, il palesarsi di una goccia sull’iride di un occhio. Facile. Facilissimo.
Ci era riuscito Shakespeare e ci riuscirà chiunque sappia anche solo superficialmente quali siano gli ingredienti imprescindibili di una buona sceneggiatura: un tot di personaggi interessanti, un ostacolo da superare e un finale che ne determini il genere.
Certo, se poi la trama si snoda tra malattie incurabili e limiti temporali che sanno di oblio, la riflessione sull’esistenza, sul prima e sul dopo, possono rendere un filmetto adolescenziale, un gran bel film.
Parlo di “Colpa delle stelle” di Josh Boone tratto dal romanzo di John Green, con Shailene Woodley e Ansel Elgort.
La protagonista, Hazel Grace Lancaster, si presenta a inizio film con due tubicini per l’ossigeno a decoro di un viso stupendo. I suoi la credono depressa perché lei ha deciso di trascorrere gli ultimi giorni della sua vita a rileggere lo stesso libro, senza troppa voglia di conoscerne altri: di libri, personaggi o storie alle quali appassionarsi.
Il protagonista, Augustus “Gus” Waters, la incontra per caso in un gruppo per malati terminali. Lui ha superato il suo cancro regalandogli una gamba. Da qui il racconto di una vita infinita in pochi attimi, dove il “sempre” la fa da padrone. Tutto si fa possibile perché la determinazione dei due ragazzi, il loro modo di affrontare la propria malattia, ironizzare sui vestiti da indossare una volta finiti nella bara, o le parole da dedicarsi nell’elogio funebre rendono vivo anche il pensiero di morte, rendono futuro ogni singolo giorno perché aggrappato alla speranza di poterne ancora ridere insieme.
Ho pianto poco vedendolo. Perché più che una riflessione tragica sulla morte, vi ho visto una resistenza accorata ad una vita triste. Dove più triste della vita triste esisteva solo la tristezza di lasciarsi vivere e basta. Senza mete da raggiungere, stelle da racchiudere in un bicchiere di Champagne o infiniti da immaginare possibili.
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