Avete mai visto i bimbi sulle giostre? Si divertono come matti su cavallucci di legno che girano. Immobili. Che se li osservate bene, capirete che la loro felicità è legata a quel momento fugace in cui mamma e papà gli fanno ‘ciao’ con la mano… e a nient’altro.
Ho ricominciato teatro. Quando arrivi in una nuova città e devi rifarti una vita con tanto di amici, conoscenti ed esperienze al seguito, nulla è meglio del teatro. Quel mondo dove troverai sempre delle persone che stanno cercando più o meno quello che cerchi tu. Una via di fuga. Una fonte di ossigeno. Quel posto dove liberare la mente e il corpo che nessuna terapia, palestra o hobbies può eguagliare.
Il mio teatro è sempre stato così. Mi ha sempre salvato.
Quello che ho intravisto è l’aspetto comico dell’arte teatrale nella sua massima rappresentazione: il clown Augusto. Ho scoperto che, per poterlo mettere in scena, bisogna tornare bambini. Bisogna diventare protagonisti, accentratori, vanitosi. Perché se l’altro fa qualcosa, il clown lo saprà fare meglio. Se un uomo piange, ad esempio, il clown piangerà di più affinché tutti vedano il suo pianto. E se qualcuno ride, farà lo stesso. Ma di più. Perché tutti possano guardarlo e riderne, ancora e ancora, sempre di più. Di quelle risate di pancia che ti fanno piegare in due dal pianto. Di quelle che, una volta finite, ti fanno piangere immergendoti nei pensieri più torbidi fino a farti ridere di nuovo. In un gioco di emozioni da tirare fuori che non possono mai essere contenute, ma che vanno esasperate, accelerate, amplificate al massimo fino a toccare il climax, fino ad annullare qualsiasi pensiero.
Il mio teatro è sempre stato così. Mi ha sempre salvato.