La vasca del Führer

La vasca del Führer è il ritratto romanzato della vita di Elizabeth (Lee) Miller, scandito in 242 pagine di descrizioni fotografiche dalla penna di Serena Dandini. Un libro sull’emancipazione femminile che non segue mode o rivoluzioni femministe, che non sfida dogmi, patriarcati e misoginie ma che, esattamente come in un quadro realista, dipinge quello che Lee Miller è stata: una modella (prima per il padre, poi per i favori del pubblico grazie a un incontro fortuito con Condé Nast), una fotografa di moda e di guerra per Vogue ma, soprattutto, una donna completamente libera di percorrere la propria vita e poi di cambiarla e di stravolgerla a suo piacimento. 

Non avevo mai letto un libro della Dandini (che amo come conduttrice televisiva) né conoscevo la straordinaria storia della Miller ma, malgrado le premesse, ho fatto una fatica incredibile a portare a termine la lettura di questo libro (nonostante ne divori notte e giorno di più lunghi e ‘pesanti’). Partiamo dal titolo: credo che “La vasca dal Führer” sia lo specchietto per le allodole migliore che si potesse scegliere per attrarre, sia a livello visivo che immaginativo, l’attenzione dei lettori su quello che non è assolutamente, o non solo, un libro sulla seconda guerra mondiale e sulle atrocità dei lager da cui ripulirsi, provocatoriamente, in una vasca. Questa scena, quella della Miller nella vasca dell’appartamento nel quale Hitler incontrava Eva Brawn, rappresenta l’1% della storia. La storia di Lee, della sua vita mondana, dei suoi incontri con gli artisti, i fotografi, gli editori e i registi più famosi dell’epoca e delle sue passioni amorose e non, mai appaganti.

La vicenda viene raccontata come una biografia narrata in terza persona dove la terza persona, però, non sembra essere la Miller ma la Dandini. Dal ritrovamento delle foto della protagonista alla visione del suo unico cameo al cinema, i commenti dell’autrice del libro prendono il sopravvento sulla vicenda amorosa, professionale e artistica della Miller lasciando il lettore perplesso e, pressoché, infastidito da questi continui parallelismi tra la vita di Lee e quella di Serena. Al contempo, questo insinuarsi, da parte della Dandini, nei pensieri della Miller, questo suo raccontarne i dialoghi, le decisioni, le aspettative, le lettere mai scritte o le frasi non dette, falsa il genere rendendo il romanzo pura fantascienza. 

Tutto quello che rappresenta la Miller, dalle sue nudità immortalate da piccola dal padre alle sue pose per Vogue passando per i suoi scatti da fotografa, non hanno alcun tipo di immagine a supporto per cui, nel corso di tutto il libro, si è costretti ad accedere a Google sperando che il motore di ricerca rintracci, tra parole chiave improvvisate quando i titoli delle foto latitano, le immagini descritte.

Infine, la libertà sessuale della protagonista, sottolineata e rimarcata ad ogni capitolo, più che idealizzare la Miller a ruolo di antesignana di ciò che ogni essere umano debba essere e possa fare, sembra etichettarla come colei che, quando nessuno poteva, osava fare certe cose. Io credo che la vita di Lee Miller, dovrebbe essere studiata come esempio di caparbietà e determinazione. Come la rappresentazione reale di quel concetto filosofico per cui “Ai piedi del faro non c’è luce” e solo ponendosi sempre un obiettivo, davanti, si possa vedere la luce. Che in tutto questo cammino lungo la propria vita, si tradisca il marito, si faccia sesso ammanettati o si venga cornificati, non credo abbia troppa importanza. Né credo che queste curiosità intime arricchiscano il termine ‘libertà’ di chissà quali significati.

Voto: 2 su 5


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